Emanuele De Maria, la morte di Chamila e Nasr, il tuffo nel vuoto dal Duomo di Milano: la storia del detenuto “modello” che ha ucciso due donne

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By Giovanna Sorrentino

Emanuele De Maria, il detenuto suicida che si è lanciato dal Duomo di Milano, sospettato della morte dei colleghi dell’hotel dove lavorava.

Un volo di oltre 60 metri dal Duomo di Milano e lo schianto sull’asfalto di Corso Vittorio Emanuele II, non hanno lasciato scampo a Emanuele De Maria. Il detenuto napoletano di 35 anni è morto suicida dopo che non era rientrato nel carcere di Bollate. Qui era detenuto dal 2018 per l’omicidio della 23enne tunisina Oumaima Racheb avvenuto a Castel Volturno, in provincia di Caserta, nel 2016.

La polizia sul posto dopo che Emanuele De Maria si è suicidato lanciandosi dal Duomo di Milano
Emanuele De Maria, la morte di Chamila e Nasr, il tuffo nel vuoto al Duomo di Milano: la storia del detenuto “modello” che ha ucciso due donne (Ansa Foto) – buongiorno.it

De Maria era stato ammesso al lavoro esterno al carcere con un contratto a tempo indeterminato. Svolgeva le sue mansioni alla reception dell’Hotel Berna, vicino alla stazione di Milano Centrale. La sua storia è intrecciata con quella dei colleghi, il barista Hani Nasr e la 50enne Chamila Wijesuriya, sposata con un figlio, scomparsa venerdì pomeriggio. Cosa sia accaduto De Maria non potrà raccontarlo, ma si fa sempre più spazio nelle indagini l’ipotesi di un delitto passionale, forse l’ennesimo femminicidio di quest’anno.

Gli investigatori della Squadra Mobile della Questura di Milano e il pm Francesco De Tommasi sono in attesa che l’egiziano Hani Nasr stia meglio per poter ricostruire la tragica vicenda. L’uomo è fuori pericolo dopo aver subito delicati interventi chirurgici all’ospedale Niguarda, a causa delle cinque coltellate alla gola e all’addome che De Maria gli avrebbe inferto all’alba di sabato, prima di buttarsi dalle terrazze del Duomo di Milano e schiantandosi sulla strada proprio di fronte alla Rinascente.

Il ritrovamento di Chamila e le similitudini con la morte di Oumaima Racheb

Poco dopo i carabinieri del Nucleo Investigativo e di Sesto San Giovanni, con l’aiuto dei sommozzatori dei vigili del fuoco, dopo la segnalazione di un passante, hanno trovato il corpo di Chamila Wijesuriya tra i frequentati vialetti del Parco Nord di Milano. La donna aveva due tagli alla gola e altri ai polsi, proprio come la vittima tunisina morta nel 2016.

Tutto è cominciato proprio con la sparizione di Chamila. Il marito aveva cominciato a cercarla dopo aver saputo che non era andata al lavoro. Insieme con il figlio si era rivolto ai carabinieri di Cinisello Balsamo per denunciarne la scomparsa. I familiari la cercavano preoccupati, poi un addetto Atm venerdì ha trovato il cellulare della donna in un cestino della fermata della metro Bignami, non lontano dal Parco Nord. Il telefono è ora nelle mani degli inquirenti e servirà a stabilire il tipo di rapporto che la donna aveva con De Maria.

Il ritrovamento al Parco Nord del cadavere di Il ritrovamento di Chamila Wijesuriya
Il ritrovamento di Chamila e le similitudini con la morte di Oumaima Racheb (Ansa Foto) – buongiorno.it

Secondo le prime ricostruzioni, De Maria non sarebbe tornato in carcere venerdì sera al termine della giornata lavorativa. Avrebbe visto Chamila, come pare abbia fatto già altre volte. A dimostrazione di questo incontro, ci sarebbero le telecamere del Parco Nord che li avevano ripresi passeggiare. Due ore dopo, altri occhi elettronici hanno ripreso De Maria alla fermata della metro Bignami, con in mano la borsa di Chamila. Proprio qui, come detto, è stato ritrovato anche il cellulare della donna.

Da questo momento in poi si presume che il 35enne si sia nascosto per tutta la notte aspettando fino alle 6 Hani Nasr, per poi colpirlo cinque volte con un coltello. Sarebbe scappato nuovamente mentre il barista avrebbe cercato di salvarsi rientrando nella struttura alberghiera.

Così investigatori e inquirenti hanno collegato scomparsa di Chamila con il ferimento di Hani. E hanno temuto che De Maria potesse aver già preso un treno per fuggire all’estero, come aveva fatto dopo l’omicidio di Oumaima: in quell’occasione riuscì a sfuggire all’arresto fino a che non quando venne ritrovato nel 2018 in Germania e portato al carcere di Secondigliano.

L’intervista di De Maria a novembre a Confessione Reporter

De Maria era poi stato trasferito a Bollate, aveva cominciato a lavorare in attesa del fine pena previsto a dicembre 2030. A novembre era anche apparso in tv per un’intervista rilasciata al programma Mediaset Confessione Reporter. Aveva raccontato di aver recuperato fiducia e autostima.

Domenica pomeriggio però, dopo essersi nascosto per 48 ore circa, ha pagato il biglietto per visitare il Duomo di Milano, è salito sulle terrazze e si è lanciato nel vuoto. Sul posto, gli agenti della Squadra Mobile lo hanno subito riconosciuto grazie ai tatuaggi. Con sé aveva anche alcuni frammenti dei documenti di identità di Chamila.

Quello della cinquantenne di Cinisello Balsamo, se confermato, sarebbe il secondo omicidio di una donna di Emanuele De Maria. Il primo, quello di Ouimaima, lo aveva commesso a 26 anni. All’epoca era da poco tornato nel Casertano dall’Olanda, dove aveva anche studiato all’Università senza laurearsi.

Riprese dall'altro durante i rilievi della scientifica sul posto dove Emanuele De Maria si è suicidato
L’intervista di De Maria a novembre a Confessione Reporter (Ansa Foto) – buongiorno.it

L’uccisione di Chamila “poteva essere evitata”. Lo ha dichiarato Aldo Di Giacomo, segretario generale del Sindacato della Polizia Penitenziaria di Milano che sta seguendo la storia. “Diventa fondamentale, al di là della ricostruzione di quanto è accaduto, capire come si è arrivati alla concessione per De Maria dell’articolo 21″.

L’articolo 21 è quello che permette ai detenuti di lavorare all’esterno del carcere. “Siamo di fronte a una casistica particolarmente ampia. Alcuni casi solo quest’anno”. Tra quelli citati da Di Giacomo, ci sono il caso di Cermenate a Capodanno, quando un detenuto durante i festeggiamenti aveva mostrato comportamenti aggressivi nei confronti dei familiari. L’altro caso è quello di un carcerato di Torre del Greco, Napoli, che ha preso a schiaffi la compagna mentre era in auto, poi ha speronato l’auto di un uomo che aveva soccorso la donna e minacciato il guidatore di un altro veicolo in transito.

Ci sono i casi in cui il permesso premio si trasforma in un’evasione dal carcere” oppure c’è chi rientra “con cocaina nel corpo”, ingerendo 30 ovuli. Senza contare i detenuti che al rientro picchiano gli agenti. Questo, denuncia Di Giacomo, “sono per fermarci agli ultimi e più recenti eventi che hanno coinvolto detenuti “premiati”.

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