Il Tribunale di Milano ha sottoposto all’amministrazione giudiziaria per Valentino Bags Lab srl, società che produce e vende articoli da viaggio, borse e pelletteria per Valentino Spa.
Il provvedimento è stato emesso in seguito a un’inchiesta cominciata a maggio 2024, per sfruttamento della manodopera. Presunto caporalato, quindi, in alcuni opifici cinesi all’interno della catena dei subappalti.
Gli accertamenti hanno riguardato nello specifico sette opifici nei quali ci sarebbero state “condizioni di sfruttamento dei lavoratori”, come si legge nel provvedimento dei giudici nel decreto emesso dal pubblico ministero.
Per la magistratura, “è fuori dubbio che Valentino Bags Lab non abbia effettivamente controllato la catena produttiva, verificando la reale capacità imprenditoriale delle società con le quali stipulare i contratti di fornitura e le concrete modalità di produzione”.
Sempre per il Tribunale, la società della nota casa di moda non avrebbe fatto i dovuti accertamenti nella filiera dei subappalti. In passato erano finite sotto amministrazione giudiziaria anche le società di altri grandi maison della moda. Tra questi, Armani, Dior e Alviero Martini spa. Sul loro conto il pubblico ministero di Milano Paolo Storari, scrive che tutti si sono “conclusi positivamente con la revoca della misura”.
Nonostante la “risonanza mediatica” di queste vicende, secondo il pubblico ministero, Valentino Bags Lab avrebbe “continuato ad operare con fornitori che sfruttano i lavoratori e che utilizzano manodopera in violazione delle norme di sicurezza”. Ad esempio, la “mancanza dei sistemi di protezione dei macchinari”.
Valentino Bags Lab srl avrebbe tratto un “beneficio” economico dalle attività degli imprenditori cinesi che “sfruttano pesantemente il lavoro dei loro connazionali”. La richiesta del pm è stata accolta dai giudici Rispoli, Spagnuolo, Vigorita e Canepari, secondo i quali il fenomeno del capolarato e dello sfruttamento è emerso in “modo eclatante” durante le indagini, con l’obiettivo di “abbattere i costi del lavoro”.
In questo sistema di subappalti oltre al lavoro in nero, non venivano garantite “visite mediche” e “formazione“. Gli accertamenti da marzo 2024 hanno riguardato gli opifici nelle province di Milano, Monza e Brianza e tre ulteriori società ombra, cioè senza lavoratori che erano nate ad hoc per effettuare una “produzione occulta”, cioè solo sulla carta.
Sette sono gli opifici nel mirino, nei quali sono stati trovati in totale 67 lavoratori. Di questi, nove a nero (di cui tre non in regola per stare in Italia). I lavoratori venivano ospitati in dormitori “realizzati abusivamente ed in condizioni igienico-sanitarie sotto minimo etico”.
I sette titolari delle aziende sono stati denunciati a vario titolo per caporalato. In totale sono state comminate multe per 286mila euro e 35mila di sanzioni amministrative.
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