Nuova proposta di legge fa discutere sull’allargamento dei permessi retribuiti: cosa succede se viene a mancare il tuo animale domestico?
Prendersi una pausa dal lavoro per un lutto è un diritto, ma cosa succede se a mancare è il nostro cane o il nostro gatto? Per molti, non è solo un animale è un compagno di vita, parte della famiglia. Da qui nasce una proposta di legge che si sta facendo discutere, ovvero estendere i permessi retribuiti anche in caso di malattia o decesso del proprio animale domestico.

Un passo piccolo ma simbolicamente enorme, che cerca di colmare un vuoto normativo ed emotivo, riconoscendo finalmente che il dolore per la perdita di un animale non è “di serie B”.
Permessi retribuiti per la perdita o la malattia di un animale: cosa prevede la proposta
Il nuovo disegno di legge presentato dal deputato Devis Dori, Alleanza Verdi e Sinistra, vuole modificare la legge 53/2000, aggiungendo un articolo che concede 3 giorni di permesso retribuito in caso di morte del proprio cane o gatto e 8 ore all’anno per assisterli in caso di malattia grave.
Non si tratta di un gesto simbolico. La proposta si basa su dati reali cioù più della metà delle famiglie italiane convivono con un animale in casa, e il legame affettivo che si crea ha un impatto profondo sul benessere emotivo. Studi recenti confermano che il lutto per la perdita di un animale può durare mesi e influenzare negativamente la salute mentale e la produttività del lavoratore. Ecco perché, secondo i promotori, prendersi cura del proprio equilibrio emotivo dovrebbe essere un diritto tutelato anche in ambito lavorativo.

Il disegno di legge, almeno per ora, riguarda solo cani e gatti, le due specie obbligatoriamente registrate all’Anagrafe degli animali tramite microchip. Una scelta non dettata dalle preferenze affettive, ma dalla necessità di avere una prova legale del legame tra lavoratore e animale. Altri animali come conigli o pappagalli, non essendo tracciabili con lo stesso livello di ufficialità, restano momentaneamente esclusi.
Anche se la proposta arriva dal centrosinistra, non è escluso che possa trovare consenso anche tra le fila del centrodestra. Alcuni esponenti, come Michela Vittoria Brambilla si sono già dimostrati attenti ai diritti degli animali. In passato hanno promosso leggi contro il maltrattamento e l’abbandono.
Il clima culturale sembra dunque favorevole:oggi gli animali non sono più considerati semplici “beni” o “proprietà”, ma membri affettivi della famiglia. Riconoscerlo anche sul piano lavorativo non è solo una questione di civiltà, ma un passo verso una società che mette al centro le relazioni affettive, senza distinzioni di specie.