Incredibile ma vero: arriva la proposta di tagliare l’assegno previdenziale anche a chi ha lavorato per 41 anni. Milioni di lavoratori stanno tremando.
Il Governo di Giorgia Meloni è a lavoro per andare oltre la Legge Fornero prima della fine di questa legislatura. Del resto questa era una delle principali promesse fatte durante la campagna elettorale e ogni promessa è debito. Soprattutto quando si tratta di promesse fatte a milioni di elettori.

Dunque si cerca la quadra che metta d’accordo tutti: i lavoratori che non vedono l’ora di poter dire addio all’ufficio o alla fabbrica prima di aver compiuto 67 anni e le casse di Stato messe a dura prova da anni di assegni calcolati con il metodo retributivo. Ma non solo: il crollo delle nascite, i “cervelli in fuga” e l’aumento dell’aspettativa media di vita non giocano a favore dell’Inps.
Che fare? Arrendersi alla legge Fornero e accettare che dal 2027 l’età pensionabile aumenti ancora? Assolutamente no, il premier e la sua squadra di Governo stanno lavorando ad altre proposte che strizzano l’occhio ad una maggiore flessibilità in uscita e non si esclude nemmeno l’estensione a tutti di Quota 41. Purtroppo, tuttavia, ci sarà un prezzo da pagare e non sarà di poco conto.
Assegno ridotto dopo 41 anni di lavoro: ecco perché
L’Esecutivo vuole superare la Legge Fornero. A tutti i costi ma il costo non può sicuramente essere quello di assistere al crollo verticale dell’intero sistema previdenziale. Probabilmente dal prossimo anno molti potranno accedere alla pensione anche con diversi anni di anticipo ma non a costo zero.

Da anni si parla di estendere Quota 41 a tutte le categorie di lavoratori. Questa misura non ha alcun requisito anagrafico: una persona può accedere alla pensione a qualunque età, anche prima dei 60 anni se ha raggiunto i 41 anni di contribuzione di cui, almeno uno, versato prima dei 19 anni. Ad oggi si rivolge solo alle seguenti categorie:
- caregivers;
- lavoratori con invalidità pari o superiore al 74%;
- disoccupati che non ricevono più la Naspi;
- addetti ai lavori usuranti da almeno 7 anni negli ultimi 10 o da almeno 6 anni negli ultimi 7.
Tra le proposte che, negli ultimi giorni, hanno fatto capolino sul tavolo del Governo c’è quella d’introdurre Quota 41 flessibile per tutti. In pratica coloro che non appartengono alle categorie sopra citate potrebbero andare in pensione sempre con 41 anni di contributi ma solo una volta raggiunti i 62 anni di età.
Non solo: dovrebbero accettare una riduzione del 2% per ogni anno di anticipo rispetto all’età per la pensione di vecchiaia che, al momento, corrisponde a 67 anni. Dunque dopo 41 anni di lavoro una persona se andrà in pensione a 62 anni si troverà con un assegno previdenziale decurtato del 10%. La riduzione, tuttavia, andrebbe a colpire solo chi ha un Isee superiore ai 35.000 euro. Per ora si tratta solo di una proposta: una proposta che, però, fa tremare.